Sostenibilità

Cosa sono gli AEE e qual è la differenza con i RAEE

Le Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (AEE) sono dispositivi progettati per funzionare tramite corrente elettrica o campi elettromagnetici. Quando gli AEE vengono dismessi, diventano RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).

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Cosa sono gli AEE?

AEE è l’acronimo di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, ed indica tutto l’insieme di dispositivi elettrici ed elettronici utilizzati nelle case, negli uffici e nelle aziende.

La definizione di AEE comprende a tutti gli effetti dispositivi funzionanti in uso, al contrario dei RAEE, che rappresentano gli stessi dispositivi, che a fine del loro ciclo vita sia per disuso sia per non funzionamento, diventano rifiuto.

La normativa italiana con il Decreto Legislativo 14 marzo 2014, n. 49 in attuazione della Direttiva 2012/19/UE definisce AEE come

tutte le apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, trasferimento e misurazione di queste correnti e campi e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1000 volt per la corrente alternata e a 1500 volt per la corrente continua.

Esempi di AEE includono:

  • Dispositivi IT: computer, smartphone, tablet, stampanti, monitor (anche a tubo catodico).
  • Elettrodomestici: frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, climatizzatori.
  • Apparecchiature industriali e professionali.

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Classificazione degli AEE

Fino ad agosto 2018, gli AEE erano suddivisi in una categorizzazione puntuale di 10 classi. L’allegato alla normativa sugli AEE riportava un elenco ben preciso di tutti i dispositivi. Quindi, se un articolo non era incluso nella suddetta lista, risultava fuori dal campo di applicazione. Ciò significava non sapere quale comportamento adottare per i dispositivi non inclusi una volta che questi entravano nel campo del rifiuto.

Dal 15 agosto 2018, il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato un documento contenente le Indicazioni operative per la definizione dell’ambito di applicazione “aperto” del Decreto Legislativo n. 49/2014, una guida che supporta a constatare se un dispositivo è compreso nell’ambito di applicazione della Direttiva 2012/19/UE sui RAEE.

La differenza sostanziale di questa nuova classificazione è che 3 di queste 6 classi includono l’open scope, ovvero il “campo aperto”. Questa modifica è stata concepita al fine di includere all’interno degli AEE dispositivi che fino a quel momento non erano inseriti nell’elenco.

Le 6 categorie attuali degli AEE sono:

  1. Apparecchiature per lo scambio di temperatura (frigoriferi, condizionatori, pompe di calore).
  2. Schermi e monitor con superficie superiore a 100 cm² (TV, monitor, tablet di grandi dimensioni).
  3. Lampade (sorgenti luminose di varia tipologia).
  4. Apparecchiature di grandi dimensioni (> 50 cm, es. lavatrici, fotocopiatrici industriali, apparecchiature mediche).
  5. Apparecchiature di piccole dimensioni (< 50 cm, es. aspirapolveri, tostapane, frullatori, telefoni cellulari).
  6. Piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (< 50 cm, es. router, mouse, tastiere, smartphone).

Questa nuova classificazione ha risolto l’incertezza sulla gestione di dispositivi precedentemente esclusi, permettendo di includere apparecchi e apparecchiature sulla base di criteri dimensionali, quando non rientrano nelle categorie tipologiche.

La differenza tra AEE e RAEE

Come abbiamo già accennato e vedremo meglio di seguito, i RAEE sono AEE diventati rifiuti. La differenza tra AEE e RAEE molto spesso sta nella scelta di chi ha in mano il dispositivo e quindi diventa un concetto soggettivo. 

Nessuna definizione infatti menziona lo stato fisico dell’oggetto o la sua funzionalità, quanto invece la volontà di disfarsene. Quello che trasforma un AEE in un RAEE è l’uso, più che il funzionamento. Un device di alta gamma una volta esaurita la sua iniziale maggiore potenza di calcolo rispetto alla concorrenza, oppure la sua attrattività come novità del mercato, può essere ancora utilizzabile da chi ha minori esigenze.

L’obsolescenza programmata dei dispositivi, inoltre, accelera il deterioramento dei dispositivi elettronici attraverso aggiornamenti che ne appesantiscono le prestazioni o software che ne limitano la funzionalità dopo un certo periodo. Questo meccanismo spinge al turnover dei prodotti, garantendo profitti ai produttori, ma genera enormi quantità di rifiuti.

Cosa sono i RAEE?

RAEE, è l’acronimo di Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche. Ai sensi dell’art. 3 comma 1 della Direttiva 2008/98/CE, è rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”. I RAEE sono, quindi, AEE dismessi e considerati rifiuti.

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I RAEE possono essere suddivisi in:

  • RAEE domestici: provenienti da utenze private.
  • RAEE professionali: derivanti da attività aziendali e industriali.

Sono 421.344 tonnellate i RAEE raccolti complessivamente in Italia dai sistemi collettivi nel 2018 secondo dati CDCRAEE (Centro di Coordinamento RAEE), senza specificare però quale tipo di recupero o smaltimento venga effettuato.

Con circa 5 kg raccolti per abitante, l’Italia si classifica ben dietro Francia, Regno Unito, Irlanda, Austria e Belgio che ne smaltiscono 8 pro-capite. Svizzera e Norvegia sono al primo posto con 9 kg. Secondo le rilevazioni del Consorzio, nel 2018 è stato avviato al riciclo soltanto il 42,84% dei RAEE, con le norme che prevedono l’obiettivo del 65% per il 2019.

Dal punto di vista operativo, le aziende devono gestire correttamente i RAEE per evitare costi di smaltimento elevati e garantire la conformità alle normative ambientali. 

Per le aziende, il corretto smaltimento dei RAEE passa attraverso il rispetto della normativa vigente, la collaborazione con operatori specializzati e l’adozione di pratiche di Economia Circolare per il riuso e il riciclo.

Gestione dei RAEE

Una gestione efficiente dei RAEE permette alle imprese di ridurre i costi di smaltimento, evitare sanzioni e valorizzare i materiali recuperabili dai RAEE stessi, contribuendo a una filiera più sostenibile. 

I RAEE sono una delle poche categorie per le quali sono disponibili diverse agevolazioni nei confronti dei consumatori: La direttiva 2008/98/CE ha introdotto la responsabilità estesa del produttore (EPR – Extended Producer Responsibility) applicata ai RAEE, che comporta l’obbligo per i produttori di gestire la fase di fine vita dei prodotti immessi sul mercato sia attraverso l’assunzione dell’onere economico relativo al loro smaltimento, sia curando direttamente il ritiro degli stessi prodotti.

Dal luglio 2016 è in vigore il DM 121/2016 noto come “Decreto uno contro zero”, che permette al consumatore la possibilità di riconsegnare i piccoli elettrodomestici ai negozi senza l’obbligo di acquistarne di nuovi. La consegna gratuita è consentita per dispositivi con dimensioni sino a 25cm, che non si vogliono più utilizzare, presso punti vendita con superficie superiore ai 400 metri quadrati.

Diverso è il discorso per le utenze produttive, dato che per Legge i RAEE non sono rifiuti assimilabili agli urbani. I nuclei produttivi che spesso hanno a disposizione lotti con numerosi dispositivi sono implicitamente costretti dalla normativa a trattare questi oggetti all’interno della disciplina dei rifiuti una volta terminato l’uso. Questo significa dover produrre documenti e dover spendere ingenti somme di denaro perché, generalmente, l’attività di ritiro è effettuata a costo. Solitamente lo smaltimento per queste utenze viene effettuato da aziende specializzate o dalle multi-utility con dei costi a listino.

Gestione AEE e RAEE aziendali

La gestione sostenibile dei RAEE aziendali non si limita al loro smaltimento. Esistono diverse strategie per valorizzare le Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (AEE) una volta giunte a fine vita, riducendo sprechi e massimizzando il recupero di risorse preziose. 

Per un’azienda, la scelta più responsabile è adottare un modello di gestione a cascata, privilegiando prima il riuso, poi il recupero di componenti e materiali, e infine l’End of Waste, riservando lo smaltimento solo a ciò che non può essere valorizzato. Andiamo a vedere le opzioni possibile per un approccio circolare per le apparecchiature elettriche ed elettroniche.

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Riuso delle AEE dismesse

Non tutte le AEE usate devono essere immediatamente classificate come RAEE. Molti dispositivi elettronici, come computer, stampanti e server, possono ancora essere utilizzati in contesti con esigenze meno elevate. 

Il riuso delle AEE consente di ridurre la produzione di rifiuti elettronici e di ottimizzare il ciclo di vita dei prodotti, vendendoli o donandoli a chi ne ha bisogno.

Rigenerazione AEE

Se un dispositivo presenta componenti obsoleti o danneggiati, il refurbishing permette di rigenerarlo, aggiornando o sostituendo parti guaste. 

Un esempio specifico è il trashware, che consente di recuperare computer e dispositivi elettronici per donarli o reinserirli nel mercato. Le apparecchiature elettroniche obsolete possono essere riconvertite in thin client, evitando così una dismissione prematura.

Recupero di componenti RAEE

Un’altra soluzione sostenibile è il recupero di parti riutilizzabili dai RAEE. Smontando i dispositivi elettronici, è possibile estrarre componenti ancora funzionanti, come schede elettroniche, batterie e alimentatori, che possono essere utilizzati per riparazioni o nuovi assemblaggi.

End of Waste RAEE

Un aspetto centrale nella gestione dei RAEE aziendali è il concetto di End of Waste (EoW), ovvero il momento in cui un rifiuto cessa di essere tale per diventare una nuova risorsa. 

Attraverso processi di trattamento certificati, i materiali estratti dai RAEE – come plastiche, metalli preziosi e terre rare – possono essere trasformati in materie prime seconde, pronte per essere reintrodotte nei cicli produttivi. Questo processo riduce il consumo di risorse naturali e favorisce un modello di economia circolare.

Estrazione di materie prime dai RAEE

Quando il riuso o la riparazione non sono possibili, i RAEE aziendali possono essere trattati per recuperare le materie prime contenute nelle AEE dismesse. Il processo di urban mining permette di estrarre materiali di valore, tra cui oro, argento, rame e alluminio, evitando nuove attività estrattive ad alto impatto ambientale.

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